Complesso di San Giovanni a Carbonara, via Carbonara
1339 – 1347 : costruzione prima chiesa e convento con primo chiostro su suolo donato agli agostiniani da Gualtiero Galeota: la chiesa è forse quella della Consolazione (accessibile ora dal primo pianerottolo della scalinata del Sanfelice).
Fine Trecento – inizio Quattrocento: re Ladislao fa costruire sulla collinetta la nuova chiesa (o amplia la precedente) e un secondo chiostro.
1414 – 1428 : Giovanna II fa costruire il grande mausoleo per il fratello Ladislao nell’abside della chiesa in cui è ora presente anche la grande tavola della Crocifissione del Vasari.
1427 : Sergianni Caracciolo Gran Siniscalco del Regno di Napoli nonché amante della regina Giovanna II, fa costruire dietro l’abside la cappella Caracciolo del Sole destinata ad accogliere il suo mausoleo funebre. Il Caracciolo fu assassinato nel 1432 da una congiura di palazzo a Castel Capuano ordita probabilmente dalla stessa regina, e il mausoleo fu poi completato dal figlio Troiano Caracciolo.
1433 : Ruggero Sanseverino conte di Tricarico fa costruire la cappella di Santa Monica all’esterno sul lato destro del presbiterio .
Seconda metà del Quattrocento : viene realizzato l’Altare Miroballo sulla parete sinistra della navata unica della chiesa principale.
1499 – 1516 : viene costruita la cappella dei Caracciolo di Vico a est dell’abside.
1533 : è edificata la cappella Seripando all’estremo ovest dell’attuale piazzale d’ingresso alla chiesa.
Metà Cinquecento : viene costruita la cappella Somma in aderenza alla facciata della chiesa chiudendone l’accesso principale. Pertanto l’unico accesso diventa quello che si apre sulla parete destra della navata.
Settecento : viene realizzato lo scalone monumentale su progetto di Ferdinando Sanfelice per coprire il dislivello con la strada e consentire l’accesso a tutti gli edifici religiosi che si sono via via aggiunti alla chiesa originaria.
1729 : l’ordine è soppresso e gli spazi utilizzati per uso militare.
Dopo l’Unità d’Italia: il convento diventa la Caserma Garibaldi e ora è utilizzato per uffici giudiziari.
Mausoleo di re Ladislao di Durazzo
E’ un monumento sepolcrale tardo-gotico (alto 18 m) voluto dalla regina Giovanna II sorella del re defunto, realizzato nell’abside della chiesa principale da Andrea Ciccione da Firenze (e completato da altri autori toscani), in un arco temporale che va dal 1414 (anno della morte del re) al 1428 circa.
Esso è suddiviso in quattro ordini orizzontali e cinque fasce verticali di cui la centrale è circa il doppio delle altre quattro laterali mentre le due più estreme del monumento sono addossate alle pareti laterali della abside.
Il primo livello vede su di un basamento marmoreo le quattro virtù cardinali sulla parete frontale (ai pilastri della seconda, terza e quarta fascia) che a mo’ di cariatidi sostengono gli altri scomparti del monumento; alle due estremità delle fasce laterali (prima e quinta) sono invece presenti due colonne portanti. Da sinistra a destra le virtù sono: la Temperanza, la Fortezza, la Prudenza e la Giustizia. Al centro della parete frontale, in corrispondenza della terza fascia, è lasciata un’apertura che conduce alla cappella Caracciolo del Sole.
Il secondo ordine vede l’apertura di cinque nicchie . Le tre della parete frontale costituiscono una sorta di “loggia” essendo continue tra loro all’interno. Al centro (terza fascia) è una grande edicola ad arco a tutto sesto, ai suoi lati invece quattro più piccole ad archi trilobi, due sulla parete frontale e due a conclusione delle fasce marmoree addossate alle pareti laterali della abside. Nelle tre nicchie della parete frontale sono collocate sei statue di figure sedute, tra cui Ladislao di Durazzo e Giovanna II in trono poste al centro e ai lati le quattro virtù morali: a sinistra del re sono, da sinistra a destra, la Speranza e la Giustizia; a destra della sorella e regina sono invece, sempre da sinistra a destra, la Carità e la Fede.
Il terzo ordine si sviluppa solo nella fascia verticale centrale del monumento (terza fascia) e si compone della camera funebre del re aperta al visitatore da due angeli reggicortina alla cui base sono quattro figure sedute poste in piccole nicchie che raffigurano, da sinistra a destra, Ladislao, Giovanna II e i genitori re Carlo III e Margherita di Durazzo. Più in alto è il sarcofago sormontato dalla figura del re giacente in posa supina alle cui spalle è in piedi San Ludovico da Tolosa che, raffigurato con le vesti di un vescovo e attorniato da due diaconi, benedice la salma di Ladislao, sebbene nella realtà storica il re morì scomunicato.
Sopra la scena è un baldacchino sul cui fronte sono due angeli che reggono lo scudo del casato durazzesco sopra la quale sono a loro volta il gruppo di sculture della Madonna con il Bambino tra i santi Giovanni Battista e Agostino.
Sulla sommità del complesso monumentale, infine, completa la decorazione scultorea sempre nella terza fascia centrale del complesso marmoreo, la statua di Ladislao a cavallo, sotto la quale è l’iscrizione “Divus Ladislaus“. Il sovrano è rappresentato nel quarto e ultimo ordine con armatura e la spada sguainata, come a voler esaltare le sue virtù militari, mentre la presenza del cavallo nella rappresentazione del re è un fattore stilistico che riconduce l’opera alla maniera lombarda gotica.
Mausoleo di Sergianni Caracciolo
Di grande rilievo nella cappella Caracciolo del Sole è il sepolcro di Sergianni Caracciolo, addossato alla parete frontale e secondo alcuni studiosi incompiuto, la cui esecuzione è da attribuirsi ad Andrea Ciccione da Firenze che completò il lavoro iniziato da un altro autore non definito, di scuola lombarda.
L’opera si divide in tre ordini; il primo è costituito da una base di marmo decorata con motivi floreali su cui stanno cinque sculture di virtù armate (due addossate alla parete nella zona posteriore e tre in posizione avanzata) tutte che sorreggono un’arca.
Il secondo ordine del monumento vede quindi sul fronte della cassa, nella cornice inferiore, tre leoni di piccola dimensione accompagnati ad altre decorazioni di fogliame; nello spazio centrale invece sono ai lati due statue ritraenti guerrieri armati con una corazza recante lo stemma della famiglia Caracciolo, poste entrambe in due nicchie, mentre al centro entro un rettangolo sono le figure in altorilievo di due geni alati reggenti una corona di alloro dentro la quale è ancora lo stemma familiare: il sole con dentro un leone rampante.
Le due facce laterali della casa vedono invece due scene in rilievo in cui è rappresentato l’Arcangelo Michele.
Il terzo ordine vede sopra la cassa una base di marmo su cui è l’iscrizione commemorativa che ricorda la vita del Caracciolo fino alla sua morte violenta composta dall’umanista Lorenzo Valla.
Sopra la targa del Valla è collocata la statua del defunto, rappresentato in posizione eretta con un pugnale nella mano destra e ai cui lati sono due leoni con un elmetto sul capo.
La figura in piedi di Sergianni è poi un punto cruciale nel linguaggio stilistico del monumento, infatti in questa posa si segna un momento di “rottura” con i canoni gotici, che invece vedevano i defunti ritratti nei loro monumenti funebri in posizione stesa e rigida sopra il sarcofago, divenendo pertanto modello per i sepolcri di gran parte del Cinquecento, di cui due esempi sono riscontrabili nell’adiacente cappella Caracciolo di Vico con i monumenti a Galeazzo e Nicolantonio Caracciolo. Altra particolarità del monumento è infine il continuo voler celebrare le virtù militari del Sergianni, ricordate sul monumento dalle figure di guerrieri o di armature o di leoni che a più riprese appaiono nella composizione.
La cappella è inoltre completamente affrescata con Storie della Vergine di Leonardo da Besozzo, con Scene Eremitiche di Perinetto da Benevento e con figure di Santi di Antonio da Fabriano, tutti autori che hanno operato nella prima metà del Quattrocento.
Cappella Caracciolo di Vico
La cappella fu voluta da Galeazzo Caracciolo di Vico, un potente maggiorente del sedile di Capuana e gran condottiero per la corona d’Aragona, vincitore della battaglia di Otranto, appartenente a una delle famiglie più potenti del viceregno spagnolo a Napoli, il cui ramo familiare deriva da Vico nel Gargano dove i Caracciolo furono marchesi dal 1496. Il progetto architettonico è stato attribuito a G.T. Malvito (figlio di Tommaso Malvito) e successivamente al Mormando.
Posta alla sinistra del presbiterio della chiesa accessibile tramite un arco trionfale marmoreo decorato alle basi delle colonne con gli stemmi familiari, la sala presenta una forma ottagonale con quattro grandi arcate alle pareti (di cui una costituisce l’accesso) alternate ad altre quattro minori intervallate tra loro da otto colonne doriche.
I materiali usati per le decorazioni interne sono il marmo di Carrara e la pietra rossa di porfido. Il pavimento marmoreo presenta fasce con motivi geometrici che richiamano i motivi della cupola.
Altare dell’Epifania
Nella parete frontale all’ingresso è l’altare marmoreo dell’Epifania degli scultori spagnoli Diego de Siloé e Bartolomé Ordóñez del 1516 circa. Lo scomparto centrale è caratterizzato invece da una predella composta da tre altorilievi: al centro è una rappresentazione del San Giorgio che sconfigge il drago ancora del De Siloe; ai lati in due riquadri sono invece le figure a mezzobusto degli evangelisti San Luca (a sinistra) e San Marco (a destra) di Ordóñez. Al centro dello scomparto è invece la pregevole e grande scena dell’Adorazione dei Magi di Bartolomé Ordóñez, la quale sfuma dal basso verso l’alto da altorilievo a bassorilievo.
I sepolcri di Galeazzo e Nicolantonio Caracciolo
Ai lati della cappella sono invece i sepolcri di Galeazzo (a sinistra) e Nicolantonio Caracciolo (a destra) entrambi di Annibale Caccavello con l’aiuto di Giovanni Domenico D’Auria datati il primo 1557 e il secondo 1573 e collocati in grandi nicchie rivestite di marmo rosato che conferiscono una visione prospettica di chiara impronta rinascimentale.
Hanno alla base ai lati di un’iscrizione commemorativa centrale due tritoni bifidi , che a mo’ di cariatidi sorreggono la cassa sopra la quale è la scultura del defunto in posizione eretta entro una nicchia con ai lati in altre due nicchie più piccole contenenti sculture di due virtù (una è mancante nel sepolcro di Galeazzo . Sul timpano dei due monumenti sono rispettivamente la figura dell’Eterno in mezzorilievo con ai lati due statue di figure allegoriche distese e la figura di un’aquila.
Altare Miroballo
E’ un complesso scultoreo rinascimentale in marmo attribuito ad artisti vari di scuola lombarda (i Malvito padre e figlio e Jacopo della Pila) databile all’ultimo quarto del Quattrocento e collocato nella navata unica della chiesa principale. La committenza spetta probabilmente a Antonio Miroballo, presidente della Regia Camera della Sommaria dal 1432 e vescovo di Lettere nel 1478.
Il grande monumento, dedicato a San Giovanni Battista, si divide in quattro scomparti frontali e presenta elementi decorativi anche nelle fasce esterne delle colonne laterali.
Alla base sono in tre riquadri bassorilievi raffiguranti, in quello centrale, il Cristo nel sepolcro tra la Vergine e San Giovanni Evangelista con ai lati due angeli, ed in quelli laterali Putti reggenti festoni di fiori.
Lo scomparto centrale è caratterizzato da tre nicchie frontali sulle quali sono collocate le sculture su San Giovanni Evangelista al centro di Giovanni da Nola, quindi posteriore al monumento, circondato da una cornice di angeli, con ai lati in altre quattro nicchie, la Temperanza e la Fortezza rispettivamente immediatamente a sinistra e a destra, entrambe sulla parete frontale, mentre sulle fasce interne delle colonne portanti laterali del monumento, sono le altre due virtù della Giustizia (a sinistra) e Prudenza (a destra). Le nicchie sono decorate con fregi a motivi floreali che fungono da cornice delle stesse sculture.
Lo scomparto superiore, caratterizzato dalla lunetta a tutto sesto, mostra invece le scene in mezzorilievo della Madonna in trono col bambino al centro, con ai lati San Giovanni Battista e Antonio Miroballo a sinistra e San Giovanni Evangelista e la moglie del Miroballo a destra.
L’ultimo scomparto del monumento è caratterizzato al centro da un tondo sorretto da due angeli alati con un bassorilievo del Cristo benedicente, sopra al quale è la scultura del San Michele, mentre ai lati, sui vertici dei due pilastri laterali, sono le statue di San Pietro a sinistra e San Paolo a destra.
Le due colonne portanti del monumento, invece, sorrette alle basi da due leoni sopra i quali, in due riquadri, sono in bassorilievo due figure di angeli alati sorreggenti lo stemma dei Miroballo, a loro volta sono caratterizzate nella linea frontale da quattro figure di santi collocate in altrettante nicchie e da altre decorazioni lungo le linee laterali esterne, tutti elementi decorativi separati tra loro da fregi incorniciati in fasce marmoree che seguono la decorazione del resto dell’altare. Le statue frontali sono, nella colonna di sinistra, in basso il San Gregorio ed in alto il San Girolamo, in quella di destra invece il Sant’Agostino da Ippona nel primo ordine e Sant’Ambrogio nel secondo.