palazzo Carafa di Maddaloni
Palazzo costruito tra il 1580 e il 1585 dal marchese del Vasto Cesare d’Avalos su terreni acquistati dai Pignatelli di Monteleone, dagli Olivetani e dall’Arciconfraternita dei Pellegrini, terreni prima adibiti a orti e giardini (dai nomi evocativi Carogioiello e Biancomangiare) e poi resi edificabili a seguito della realizzazione delle mura vicereali che avevano inglobato tutta l’area.
Il palazzo è quindi già rappresentato dalla veduta Baratta del 1629.
Il palazzo passò nel Seicento al mercante fiammingo Gaspare Roomer, che ben presto lo vendette al duca Diomede Carafa di Maddaloni; questi incaricò subito l’architetto Cosimo Fanzago di ristrutturarlo e abbellirlo.
L’architetto bergamasco trasformò la struttura cinquecentesca secondo il gusto barocco dell’epoca e intervenne sulla facciata, sullo scalone,sul porticato e sul loggiato.
Il portale in marmo e piperno, veramente imponente tanto da raggiungere col suo timpano spezzato il balcone principale del piano nobile, presenta un arco a tutto tondo contenuto tra alti piedritti a doppie paraste tuscaniche, su cui si alternano gli elementi rettangolari bugnati: per esso e per altro il Fanzago fu coadiuvato dal marmoraro Pietro Barberis e dal decoratore Giovan Battista Manni.
Le varie facciate del palazzo presentano al primo piano matto una serie di medaglioni con le figure alternate del leone e dell’aquila simboli delle virtù dei Carafa; la facciata principale così come si presentava nel Settecento è rappresentata nella veduta del Petrini del 1718 appresso riportata.
Dal vestibolo si accede ad un cortile che ha in fondo un porticato seicentesco con archi a tutto sesto intervallati da colonne tuscaniche. Il porticato è sormontato da una grande terrazza cui si accede da un loggiato coperto da volte a crociera sostenuto da colonne doriche in marmo.
A questo loggiato a sua volta sormontato da una terrazza con balaustra, si aveva accesso dal famoso salone Maddaloni, salone completamente affrescato in cui si esibirono i più grandi musicisti e venne citato anche da Giacomo Casanova.
Il palazzo la cui proprietà è oggi naturalmente frazionata, dopo essere stato anche sede della Suprema Corte di Giustizia, è soggetto ad un intervento di restauro in corso da decenni e che forse è giunto alla sua fase finale.
Da Napoli Atlante della città storica – Italo Ferraro ed. OIKOS, da I palazzi di Napoli – Aurelio De Rose ed. Newton & Compton, da I palazzi di Napoli di Sergio Attanasio ed. ESI, da Facciate delli palazzi più cospicui della città di Napoli di Paolo Petrini 1718