Cappella del Tesoro di San Gennaro, navata destra del Duomo di Napoli
La nascita della cappella è legata agli anni difficili che visse Napoli durante la prima metà del XVI secolo, caratterizzato dalle guerre franco-spagnole culminate a Napoli con l’assedio da parte dei francesi del generale Lautrec, da crisi di pestilenza e da eruzioni vulcaniche.
A seguito di questi eventi il popolo napoletano decise di rivolgersi al proprio santo protettore e il 13 gennaio del 1527, anniversario della traslazione delle ossa di San Gennaro da Montevergine a Napoli, fecero voto di erigergli una nuova e più bella cappella nel duomo. L’impegno fu assunto solennemente e per dare ancora più valenza al voto i napoletani redassero il documento, sottoscritto dagli “eletti di città“, davanti a un notaio, sull’altare maggiore della cattedrale con pubblico istrumento rogato da notar Vincenzo de Bossis.
Il 5 febbraio del 1601 gli “eletti della città”, rappresentanti dei cinque sedili di Napoli nobili (Capuana, Nido, Montagna, Portanova e Porto) più il rappresentante del sedile del Popolo, nominarono una commissione laica di dodici membri, denominata “Deputazione del Tesoro di San Gennaro“, composta da due rappresentanti per ognuno dei seggi cittadini, a cui venne affidato il compito di promuovere e curare la costruzione e la decorazione della nuova cappella di San Gennaro.
Per ricavare il suolo necessario alla costruzione della cappella che avvenne tra il 1608 e il 1637 furono acquisite e demolite la casa del Marchese di Rocca Gioiosa, la chiesa di Sant’Andrea e l’Oratorio di Santa Maria della Stella. Dovendo la cappella avere accesso dalla navata destra del Duomo furono anche demolite le tre cappelle di proprietà delle famiglie Filomarino, Capece Zurlo e Cavaselice.
Il progetto fu affidato al padre Teatino Francesco Grimaldi e a Giovan Cola di Franco.
La Direzione Lavori all’ ing. Ceccardo Bernucci e all’architetto Giovan Giacomo di Conforto.
Interno:
La cappella è a croce greca, con sette altari, pareti in marno, 42 colonne di broccatello e 19 nicchie con altrettante statue in bronzo, il pavimento è del Fanzago.
Le sculture bronzee rappresentano i santi patroni della città e sono opera del Seicento di Finelli, Fanzago, Vinaccia, Monterossi, Montani e Marinelli.
Le sculture argentee sono 51 busti reliquiari, di cui 24 risalenti al Seicento, dei compatroni della città di cui alcuni attribuiti a Lorenzo Vaccaro, a Giuseppe Sanmartino, ad Andrea Falcone e a Francesco Citarelli.
L’altare maggiore fu realizzato nel 1667 da Francesco Solimena in porfido con un paliotto d’argento raffigurante la Traslazione delle reliquie del santo da Montevergine a Napoli, opera questa di Giovan Domenico Vinaccia eseguita tra il 1692 al 1695.
Davanti all’altare sulla sinistra vi è il busto reliquiario di San Gennaro in oro e argento, realizzato da tre orafi provenzali e donato da Carlo II d’Angiò nel 1305.
Altri due altari sono nelle cappelle laterali mentre altri quattro minori sono posti alle basi dei pilastri che reggono la cupola.
Le pale d’altare dipinte a olio su rame che rappresentano miracoli di San Gennaro sono opera del Domenichino, tranne una che è opera del Ribera e rappresenta San Gennaro che esce illeso dalla fornace.
Fonti utilizzate:
Napoli Atlante della città storica – Centro Antico di Italo Ferraro Napoli 2002, Guida Sacra della città di Napoli di Gennaro Aspreno Galante Napoli 1872, Wikipedia