I decumani, detti in epoca greca plateiai, erano le strade principali di Neapolis. I I decumani di cui si ha notizia certa erano il Decumano Inferiore (attuale Spaccanapoli), il Decumano Maggiore (praticamente via Tribunali) e il Decumano Superiore che va da via della Sapienza a via Santa Sofia.
I decumani che distano tra loro 185 metri e sono orientati da ovest a est formano un reticolo ortogonale con i cardini (o stenopoi) che li intersecano essendo orientati sud – nord: tale schema urbanistico che è tipico di molte città greche e della Magna Grecia, risale a Ippodamo di Mileto del V secolo a.c. e in effetti Neapolis fu fondata nel V secolo da coloni greci provenienti da Cuma e da Siracusa.
In realtà nell’antica Neapolis il reticolo viario è tutto ruotato di 20° rispetto ai due assi canonici Est per i decumani e Nord per i cardini: pertanto i Decumani sono orientati a 70° ENE e i cardini a 320° NNO. Questa rotazione sarà nata dalla necessità di adattare il modello teorico ippodameo alla orografia dei luoghi.
Lo stralcio della carta Carafa (1775) mostra la struttura urbanistica del centro antico di Napoli, con i tre decumani.
Il Decumano Inferiore (Spaccanapoli)
Originariamente partiva da piazza San Domenico dove sono stati individuati i resti dell’antica Porta Puteolana: la pianta della Neapolis greco-romana elaborata da Bartolomeo Capasso nel 1902 riporta la struttura urbanistica dell’epoca organizzata su decumani e cardini e mostra che nel passaggio già avvenuto dalla città greca a quella romana il Decumano inferiore è stato prolungato collo spostamento della porta Puteolana da piazza San Domenico a piazza del Gesù Nuovo.
Il decumano inferiore dal lato nord-est finiva alla Porta Furcillensis che si trovava alla biforcazione di via Forcella come si rileva dalla pianta dell’XI secolo ricostruita da Bartolomeo Capasso nel 1892; tale porta sarà poi traslata in avanti collo sviluppo urbanistico successivo fino a coincidere con l’attuale porta Nolana.
La veduta Lafréry del 1556 successiva all’ampliamento della cinta muraria e all’espansione urbana verso la collina di San Martino, realizzati da don Pedro de Toledo mostra l’ulteriore allungamento del Decumano verso ovest con la realizzazione della via dei Sette Dolori (attuale via Pasquale Scura) finalizzata a collegare il centro storico con l’area dei Quartieri Spagnoli attraverso la via del Formale e con la risistemata Pedamentina di San Martino.
La pianta urbana attuale mostra infine un ulteriore modesto prolungamento verso est dell’asse del decumano a seguito del tratto rettilineo di via Forcella nell’ambito del generale riassetto viario connesso ai lavori del Risanamento di Napoli di fine Ottocento.
NUCLEO ORIGINARIO DEL DECUMANO
Comprende come abbiamo visto piazzetta Nilo (già via Nilo), via San Biagio dei Librai, piazza Crocelle ai Mannesi, via Vicaria Vecchia e via Forcella (il primo tratto).
Piazzetta Nilo deve il nome alla statua del Nilo posizionata lì dalla comunità degli Alessandrini che si stabilì a Neapolis nel I secolo a.C., ciò è testimoniato anche dal fatto che l’attuale via Mezzocannone (che sbocca sulla piazzetta) era denominata vico degli Alessandrini. La comunità fondò in zona anche un tempio dedicato a Iside. Lo slargo dove si trova la statua è denominato Largo del Corpo di Napoli con riferimento forse al corpo per diversi secoli senza testa della statua o alla sistemazione topografica della stessa proprio nel centro della città antica.
Il Nilo ha dato anche il nome al Sedile omonimo, confraternita dei nobili residenti in zona che lì posero la propria sede, prima sul sito del palazzo Pignatelli di Toritto e poi in un’ala del convento di Santa Maria Donnaromita su vico Donnaromita.
Le principali famiglie del Sedile di Nilo sono i Carafa, i Pignatelli, i Brancaccio, gli Spinelli, i Sangro, i Sanseverino, i Montalto, ecc.
I principali palazzi su piazzetta Nilo sono palazzo Pignatelli di Toritto e palazzo Carafa in Montorio.
Via San Biagio dei Librai deve il nome al fatto che nel Seicento i librai, installatisi in gran numero in quella strada provenienti da tutta Europa, scelsero come protettore San Biagio (che era anche protettore degli infermi di gola), il cui cranio era stato traslato dall’oriente dalle suore armene in una cappella della chiesa di San Gennaro all’Olmo (all’angolo con San Gregorio Armeno), cappella che poi è diventata la chiesa di San Biagio maggiore.
Della Confraternita dei Librai faceva parte anche Antonio Vico il padre del famoso Giambattista Vico che aveva una poverissima casa e bottega al numero 31 di detta via.
Va detto che i librai in questa strada non ci sono più ma sono stati sostituiti da botteghe di gioiellieri, di arte sacra e di “figurari”, gli artigiani che fanno pastori per il presepe.
I principali edifici civili su via San Biagio dei Librai sono palazzo di Diomede Carafa, palazzo di Capua Marigliano, palazzo del Monte di Pietà.
Si riporta di seguito uno stralcio dalla carta Schiavoni del 1885 con l’indicazione degli otto complessi religiosi originari di piazzetta Nilo, di via San Biagio dei librai e nelle immediate vicinanze:
- chiesa di San Nicola a Pistaso
- chiesa ed ex conservatorio del Divino Amore
- chiesa ed ex conservatorio dei SS. Filippo e Giacomo
- chiesa e conservatorio di San Nicola a Nilo
- chiesa dei SS. Andrea e Marco
- chiesa di Sant’Angelo a Nilo e palazzo Brancaccio
- chiesa e monastero di Santa Maria Donnaromita
- chiesa di Santa Maria Assunta Pignatelli
Come meglio specificato nelle singole voci cliccabili a lato, solo due chiese sono tuttora attive e delle strutture annesse una, la biblioteca brancacciana ha conservato la funzione originaria, due sono state riutilizzata come sedi universitarie, una ha mantenuto una funzione assistenziale e le altre non esistono più o sono in stato di abbandono.
Piazza Crocelle ai Mannesi. Prende il nome dalla omonima chiesa delle Crocelle ai Mannesi dedicata all’ordine dei Chierici Ministri degli infermi fondato nel Cinquecento da San Camillo de Lellis; le crocelle erano le croci che quei frati portavano sull’abito e i mannesi sono i carradori cioè gli artigiani costruttori e riparatori di carri che avevano delle officine in zona. I mannesi peraltro davano il nome al vico Mannesi che era l’attuale via Duomo.
Via Vicaria Vecchia prende il nome dal tribunale della Corte del Vicario (Vicaria) istituito da Carlo I d’Angiò e perfezionato da Carlo II lo Zoppo. Questo tribunale venne istituto come Corte del Vicario del Regno, carica assegnata da Carlo I al figlio Principe di Salerno (che poi sarà Carlo II) per sgravarsi dagli affari domestici in un periodo di gravosi impegni internazionali volti al recupero della Sicilia. Per un periodo abbastanza lungo la Vicaria affiancò l’altro tribunale cosiddetto del Gran Giustiziere (che risaliva al tempo dei Normanni), finché durante il regno di Giovanna II le due corti vennero unificate nella Gran Corte della Vicaria. La sede originaria stabilita da Carlo II fu il Regio Tribunale appositamente costruito in largo delle Corregge (attuale via Medina), poi nel 1374 quella struttura fu trasformata da Giovanna I nella chiesa di Santa Maria Incoronata e il tribunale fu trasferito prima nel palazzo Venezia o Tufarelli a Spaccanapoli e infine nel palazzo De Ruggiero accanto alla chiesa di San Giorgio Maggiore in quel tratto del Decumano che prese quindi il nome di Via Vicaria Vecchia. Il palazzo De Ruggiero era un pregevole edificio in stile rinascimentale costruito ai primi del ‘500 dal Di Palma, ma oggi non esiste più perché venne demolito nel dopoguerra a seguito dei danni subiti nei bombardamenti del 1943. Attualmente al suo posto c’è un anonimo palazzo moderno. Va detto anche che il palazzo De Ruggiero non fu l’ultima sede della Vicaria che fu trasferita in Castelcapuano dal viceré don Pedro di Toledo nel 1540.
Via Forcella. L’antica regione detta Termense (per la presenza in epoca romana di grandi complessi termali come quello rinvenuto sotto la chiesa di Carminiello ai Mannesi sventrata dai bombardamenti dell’ultima guerra) o Ercolense (da un tempio di Ercole nella zona) prese poi il nome di Forcella e ebbe anche un omonimo Seggio nobiliare (poi assorbito in quello di Montagna) che aveva la sua sede nella chiesa di Santa Maria a Piazza e nel suo stemma una Y. Tale lettera dell’alfabeto greco era un simbolo iniziatico della scuola dei Pitagorici che probabilmente aveva sede nei pressi, simbolo che rappresenterebbe il bivio ideale tra i sentieri del vizio e della virtù. Secondo altri il nome deriva dalla conformazione stradale che ivi assume l’aspetto di una forcella. Il proverbiale “cippo a Forcella” è un resto di mura antiche tuttora visibili forse appartenenti alla “porta furcillensis” di epoca romana.
PROLUNGAMENTO DEL DECUMANO A EST
A seguito dell’intervento di fine Ottocento per il Risanamento di Napoli il decumano viene prolungato verso est in prosecuzione di via Forcella con via Giudecca Vecchia il cui tracciato viene rettificato e con l’aggiunta di via Tupputi.
Via Giudecca Vecchia. Con il termine “Giudecca” si intende in molte città d’Italia il quartiere dove risiedeva la comunità ebraica. A Napoli gli Ebrei furono messi al bando da don Pedro di Toledo nel 1542, quindi tale denominazione si riferisce ad un’epoca antecedente e cioè al periodo svevo quando la zona abitata dagli Ebrei doveva estendersi tra il vico della Pace e Forcella. In epoca angioina gli Ebrei furono spostati nel vico Limoncello, una traversa di via Anticaglia (Decumano superiore), che all’epoca si chiamava appunto vicus Judeorum. Successivamente gli Ebrei furono ancora spostati nella zona di San Marcellino tra la via dei Tintori e la rampa di San Marcellino. Da notare che in quel periodo non si può ancora parlare di ghetto ebraico, perché questo fu introdotto a Roma solo nel 1555 da Paolo IV Carafa con la Bolla Cum nimis Absurdum e comunque allora il termine usato era “serraglio”. Colla risistemazione viaria operata alla fine dell’Ottocento dal Risanamento il tracciato di questa via fu rettificato e allineato coll’asse del decumano.
Si riporta di seguito uno stralcio dalla carta Schiavoni del 1885 con l’indicazione dei cinque complessi religiosi originari di piazza Crocelle ai Mannesi, via Vicaria Vecchia, via Forcella e via Giudecca Vecchia:
- chiesa ed ex conservatorio di San Nicola dei Caserti
- chiesa di Santa Maria a Piazza
- chiesa ed ex monastero delle Crocelle ai Mannesi
- chiesa ed ex monastero di Sant’Agrippino
- chiesa ed ex monastero di San Giorgio Maggiore
Di essi, come specificato nelle singole voci , tre chiese restano attive mentre i monasteri o conservatori sono stati convertiti in civili abitazioni salvo uno che è utilizzato come sede universitaria.
PRIMO PROLUNGAMENTO DEL DECUMANO FINO AL GESU’ NUOVO
In seconda fase, cioè col passaggio dalla Napoli greca a quella romana, al Decumano si sono aggiunte via Benedetto Croce (già via Trinità Maggiore), nonché le due piazze San Domenico Maggiore e Gesù Nuovo.
Dallo stralcio appresso riportato della carta Schiavone del 1889 si rileva la toponomastica originaria di questo tratto.
Piazza del Gesù Nuovo e piazza San Domenico Maggiore sono state trattate a parte nell’ambito del quartiere San Giuseppe.
Via Benedetto Croce. Prima si chiamava via Mariano Semmola e prima ancora via Trinità Maggiore, lo stesso nome dato all’epoca a piazza del Gesù Nuovo, poi nel dopoguerra fu intitolata a Benedetto Croce, illustre storico, filosofo, Senatore del Regno, Ministro della Pubblica Istruzione, che aveva abitato per quasi tutta la vita su questa strada nel palazzo Filomarino dove fondò anche l’Istituto di Studi storici, tuttora attivo.
I principali edifici civili su via Benedetto Croce sono:
• Palazzo Filomarino
• Palazzo Tufarelli
• Palazzo Venezia
• Palazzo Carafa della Spina
• Palazzo Pinelli
ULTERIORE PROLUNGAMENTO DEL DECUMANO VERSO OVEST
Dopo l’ampliamento toledano della cinta delle mura il Decumano si prolunga verso ovest con via Capitelli (già via Quercia), via Maddaloni, via Pasquale Scura (già via dei sette Dolori).
Dallo stralcio appresso riportato della carta Schiavone del 1889 si rileva la toponomastica originaria delle strade del prolungamento.
Via Domenico Capitelli. Prende il nome dal Presidente dell’effimero parlamento napoletano del 1848. Prima la strada si chiamava via Quercia, probabilmente per via di un gigantesca quercia che sporgeva dal muro di cinta dell’attiguo giardino dei Pignatelli di Monteleone.
Via Maddaloni. Prende il nome dall’omonimo palazzo.
Via Pasquale Scura. Già via dei Sette Dolori, prende il nome da un magistrato di epoca borbonica poi nominato Ministro di Grazia e Giustizia nel governo dittatoriale di Garibaldi. Il nome originario deriva invece dall’omonima chiesa monastero che sta al culmine della strada. Costituisce il prolungamento del Decumano verso ovest realizzato nel Cinquecento da don Pedro di Toledo per collegare il centro storico con l’area dei Quartieri Spagnoli.
I principali edifici degni di nota su via Capitelli, via Maddaloni e via Pasquale Scura sono :
• Palazzo Maddaloni
• Palazzi Della Monica
• Palazzo Almansor
• Palazzo della Posta
• Palazzo Massa
Si riporta di seguito uno stralcio dalla carta Carafa del 1775 con l’indicazione degli undici complessi religiosi siti in piazza San Domenico Maggiore, piazza del Gesù, via Toledo, via Pasquale Scura e nelle immediate vicinanze. Come meglio specificato nelle , per otto di essi la chiesa è ancora attiva mentre solo per San Domenico e Santa Chiara anche i monasteri sono ancora attivi. Tutte le altre strutture conventuali appresso riportate sono state riconvertite in abitazioni, in istituti scolastici, in sedi universitarie in centri culturali o polifunzionali o centri convegni o sedi istituzionali o sono in stato di abbandono:
- chiesa e casa di Santa Marta
- chiesa ed ex monastero di San Francesco delle monache
- chiesa ed ex convento di Santa Maria del Presidio
- chiesa ed ex conservatorio di Santa Maria dello Splendore
- chiesa ed ex monastero della Trinità delle Monache
- chiesa ed ex monastero di Santa Maria dei Sette Dolori
Il complesso di San Domenico Maggiore è trattato alla voce piazza San Domenico Maggiore nel quartiere San Giuseppe: la chiesa è attiva e il monastero è stato parzialmente trasformato in museo.
Il complesso di Santa Chiara è trattato alla voce piazza del Gesù Nuovo nel quartiere San Giuseppe: la chiesa è attiva e il convento anche.
Il complesso del Gesù Nuovo è trattato alla voce piazza del Gesù Nuovo nel quartiere San Giuseppe: la chiesa è attiva e il resto è adibito ad uso scolastico.
Il complesso dello Spirito Santo è trattato alla voce via Toledo: la chiesa è attiva mentre il resto è utilizzato dalla Facoltà di Architettura.
Il complesso di Santa Maria la Nova è trattato alla voce piazza Santa Maria La Nova nel quartiere San Giuseppe: la chiesa è attiva e il resto è utilizzato come sede di convegni ed eventi e come sala consiliare della Provincia di Napoli (Città Metropolitana).
Fonti utilizzate:
- Napoli Atlante della città storica – Centro antico – Italo Ferraro – Napoli 2002
- Napoli Atlante della città storica – Quartieri Spagnoli e Rione Carità – Italo Ferraro – Napoli 2004
- Napoli Atlante della città storica -dallo Spirito Santo a Materdei – Italo Ferraro – Napoli 2006
- Napoli Atlante della città storica – Quartieri bassi e Risanamento – Italo Ferraro – Napoli 2018
- Napoli greco-romana – Mario Napoli – Napoli 1959
- Napoli antica – Vincenzo Regina – Roma 2016
- Napoli greco-romana – Bartolomeo Capasso – Napoli 1905>
- I palazzi di Napoli – Aurelio De Rose – Roma 2001
- Guida sacra della città di Napoli – Gennaro Aspreno Galante – Napoli 1872