palazzo Lieto
Notizie storiche e architettoniche
Uno degli isolati che fin dall’inizio ai primi del Seicento è sempre appartenuto ad un unico proprietario. Il suo aspetto attuale (ed il nome) è dovuto secondo l’epigrafe sulla facciata a Gaetano Lieto duca di Polignano che lo acquisì e modificò nel 1754 e soprattutto al figlio di questo Filippo che nel 1794 ne affidò l’ulteriore rifacimento all’architetto romano eclettico Pompeo Schiantarelli, secondo alcuni allievo del Vanvitelli.
Il palazzo ha un basamento ed un portale molto alti rispetto all’altezza totale e rispetto alla larghezza del fronte strada. L’arco bugnato del portale si inserisce tra paraste doriche al cui interno una cornice in marmo è sormontata da una lastra con l’epigrafe citata, a sua volta sormontata dallo stemma gentilizio affiancato da due cornucopie.
Il balcone centrale retto da mensole sovrastanti i capitelli reca un timpano poggiante su colonne binate, motivo ripetuto in forma semplificata anche al piano superiore.
Il vicolo attiguo, oggi Emanuele De Deo, in origine prendeva il nome dalla Taverna Penta (un’osteria dipinta cioè decorata), popolare locale che fu sfrattato dal duca in occasione della ristrutturazione. Infine al piano terra era il Caffè Donzelli, rifugio dei rivoltosi nei moti del 1848, ragion per cui il palazzo subì delle cannonate da parte dei borbonici.
In fondo al cortile è una scala aperta con pilastri e volte a vela dalla struttura architravata.
Uno degli isolati che fin dall’inizio ai primi del Seicento è sempre appartenuto ad un unico proprietario. Il suo aspetto attuale (ed il nome) è dovuto secondo l’epigrafe sulla facciata a Gaetano Lieto duca di Polignano che lo acquisì e modificò nel 1754 e soprattutto al figlio di questo Filippo che nel 1794 ne affidò l’ulteriore rifacimento all’architetto romano eclettico Pompeo Schiantarelli, secondo alcuni allievo del Vanvitelli.
Il palazzo ha un basamento ed un portale molto alti rispetto all’altezza totale e rispetto alla larghezza del fronte strada. L’arco bugnato del portale si inserisce tra paraste doriche al cui interno una cornice in marmo è sormontata da una lastra con l’epigrafe citata, a sua volta sormontata dallo stemma gentilizio affiancato da due cornucopie.
Il balcone centrale retto da mensole sovrastanti i capitelli reca un timpano poggiante su colonne binate, motivo ripetuto in forma semplificata anche al piano superiore.
Il vicolo attiguo, oggi Emanuele De Deo, in origine prendeva il nome dalla Taverna Penta (un’osteria dipinta cioè decorata), popolare locale che fu sfrattato dal duca in occasione della ristrutturazione. Infine al piano terra era il Caffè Donzelli, rifugio dei rivoltosi nei moti del 1848, ragion per cui il palazzo subì delle cannonate da parte dei borbonici.
In fondo al cortile è una scala aperta con pilastri e volte a vela dalla struttura architravata.
Da Napoli Atlante della città storica – Italo Ferraro ed. OIKOS, da I palazzi di Napoli – Aurelio De Rose ed. Newton & Compton, da I palazzi di Napoli di Sergio Attanasio ed. ESI).