complesso di Monteoliveto, piazza Monteoliveto
Epoca di costruzione: Quattrocento
Committente: Gurello Origlia protonotario di re Ladislao
Ordine monastico: Olivetani
Epoca del Primo Rifacimento: Seicento
Progetto: arch. Gennaro Sacco
Restauro generale: dopo la Seconda Guerra mondiale
Cambio di status: Nel 1801 il complesso venne affidato da Ferdinando IV di Borbone alla Confraternita di S. Anna dei Lombardi e il nome fu cambiato di conseguenza.
Facciata
La facciata della chiesa è composta dall’atrio in piperno caratterizzato dall’arco a sesto ribassato tipico del tardogotico napoletano; nell’atrio è conservata l’edicola sepolcrale di Domenico Fontana, costruita nel 1627 dai figli Sebastiano e Giulio Cesare Fontana e proveniente dalla distrutta chiesa di Sant’Anna.
Interno – caratteri generali
La chiesa testimonia lo stretto legame tra la città e la Toscana, dimostrando che già nel Quattrocento si era insediata a Napoli una fitta “colonia” fiorentina di mercanti, artigiani e banchieri; non a caso i negoziati tra Antonio Piccolomini e gli scultori Antonio Rossellino e Benedetto da Maiano sulla costruzione e la decorazione della cappella omonima presente in chiesa furono portati avanti dalla famiglia Strozzi, che aveva a Napoli una filiale della sua banca attraverso cui facevano pagamenti agli artisti.
L’interno è a navata unica, senza transetto con volta a botte coperta da un soffitto cassettonato; le cappelle sono cinque a lato, più altre tre nel presbiterio, due sul lato sinistro e una su quello destro, più un passaggio che conduce ad altri luoghi del monastero (l’oratorio del Santo Sepolcro, la cappella dell’Assunta, la sacrestia Nuova e quella Vecchia del Vasari)
Presbiterio
Il presbiterio fu aggiunto nel XVI secolo e all’interno delle quattro cappelle che lo caratterizzano è conservata una vera e propria antologia della scultura del Quattrocento e del Cinquecento. Sono infatti presenti opere in terracotta di Guido Mazzoni, sculture di Antonio Rossellino, Benedetto da Maiano, Giovanni da Nola, Pedro de Rubiales e altri.
–Altare Maggiore: fu eseguito su disegno di Giovan Domenico Vinaccia da Bartolomeo e Pietro Ghetti nella seconda metà del XVII secolo.
Cappella Correale (prima a destra)
Molto vicina ai modi di Giuliano da Maiano con un altare marmoreo dell’Annunciazione di Benedetto da Maiano del 1489, decorato con statue di San Giovanni Evangelista e Battista ai lati, con al centro in altorilievo la scena dell’Annunciazione. Recenti studi hanno dimostrato come a tale altare abbiano lavorato anche altri 14 giovani artisti toscani, tra i quali probabilmente anche un giovanissimo Michelangelo Buonarroti, in particolare nel putto in torsione presente nella parte in alto a destra dell’altare. Sopra i due santi sono i rilievi nei tondi di martiri, mentre nella predella sono i bassorilievi con le Scene della vita di Gesù.
Nella parete sinistra è il monumento funebre del 1490 a Marino Correale, alto dignitario di origine sorrentina della corte di Alfonso d’Aragona, mentre sulla destra è un bancale marmoreo quattrocentesco.
Cappella Piccolomini (prima a sinistra)
• Il primo ambiente che si snoda sul lato sinistro è decorato nella parete frontale con un altorilievo del 1550 circa di Giulio Mazzoni riprendente la scena della Crocefissione, con Maria, San Giovanni e la Maddalena, mentre sulla destra è una tavola sull’Ascensione con i santi Sebastiano e Nicola da Bari di inizio Cinquecento di ignoto autore meridionale.
• Sulla sinistra, un arco decorato con fregi apre invece l’accesso alla cappella Piccolomini vera e propria, che costituisce di fatto una delle più rilevanti della chiesa essendo un esempio tipico di architettura rinascimentale fiorentina a Napoli. Vi lavorarono Giuliano da Maiano, il fratello Benedetto e Antonio Rossellino, riproponendo lo schema della cappella del Cardinale del Portogallo nella chiesa di San Miniato al Monte a Firenze.
La cappella è concepita come una struttura a sé stante dalla chiesa, messa in comunicazione con la navata da un grande arco a lacunari sul cui lato interno alla cappella sono posti agli angoli alti due stemmi della famiglia Piccolomini. Ampi oculi e finestre garantiscono l’illuminazione dell’insieme. Il pavimento è intarsiato con motivi policromi di ispirazione cosmatesca. Ricchissimo il corredo scultoreo, curato da Benedetto da Maiano e dal Rossellino, intervallato da specchiature marmoree policrome che citavano prestigiosi edifici antichi, come il Pantheon a Roma. La parte superiore delle lunette, invece, venne poi decorata da affreschi di artisti locali.
All’interno, addossato alla parete sinistra, è il monumento funebre a Maria d’Aragona e sopra di esso, in un tondo sorretto da due angeli è un altorilievo della Madonna col Bambino; l’opera è iniziata da Antonio Rossellino intorno al 1475 ed ultimata da Benedetto da Maiano dopo la sua morte. Sempre del Rossellino è, nella parete frontale, l’altare sotto un arco su cui sono scolpiti a bassorilievo l’Adorazione dei pastori con ai lati le sculture di San Giacomo e San Giovanni e più in alto due tondi con figure di profeti. Nella parete destra invece, è collocato un seggio marmoreo sotto un arco con in alto affreschi riprendenti la scena dell’Annunciazione databile al XV secolo.
I Piccolomini furono nobili di origine toscana che annoverarono due papi, Pio II (nel Quattrocento) e Pio III (nel Cinquecento,) e si affermarono anche nel resto della penisola, stabilendo numerosi nuovi feudi in Toscana, Emilia e Marche e soprattutto nel meridione d’Italia, dove si inserirono ai massimi vertici politici, militari e aristocratici del Regno di Napoli. Il Papa Pio II infatti, alleatosi con gli Aragonesi, aveva inviato il cardinale Orso per incoronare Ferrante I d’Aragona nuovo re di Napoli; quest’ultimo, per ricompensa, diede in sposa nel 1458 la sua figlia naturale, Maria d’Aragona (1440 † 1460), ad Antonio Maria Todeschini Piccolomini († Napoli, 1493), col privilegio di aggiungere d’Aragona al proprio cognome e di inquartare le armi.
La cappella Piccolomini venne quindi commissionata da Antonio Piccolomini proprio per seppellirvi la moglie Maria d’Aragona prematuramente scomparsa.
Oratorio del S. Sepolcro
Ci si arriva piegando a destra dalla navata, dopo aver attraversato le cappelle Fiodo-Bovio e Noja (ex Origlia). La cappella ospita infine il gruppo scultoreo in terracotta del Compianto sul Cristo morto di Guido Mazzoni del 1492. Il gruppo in origine era policromo e si crede che i personaggi di Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo riprendano le sembianze di Ferrante I e Alfonso II d’Aragona( secondo alcune fonti in altri personaggi sarebbero riconoscibili Pontano e Sannazzaro).
Controfacciata
La controfacciata ospita nella parte inferiore, ai lati del portone d’ingresso, due altari gentilizi:
• L’altare Ligorio, eseguito da Giovanni di Nola nel 1532 è caratterizzato al centro dalla statua della Madonna del Soccorso, con ai lati i santi Andrea e Girolamo, mentre nel paliotto è il rilievo di San Francesco di Paola che salva i viandanti sepolti da una frana. I Ligorio, nobili vicini alla corte angioina e poi a quella aragonese, detti anche de’ Liguoro, annoverarono tra gli altri Sant’Alfonso Maria dei Liguori e l’artista Pirro Ligorio, architetto di corte presso gli Estensi a Ferrara e autore di Villa d’Este a Tivoli.
• L’altare Del Pezzo, eseguito da Girolamo Santacroce nel 1524, mostra al centro una Madonna col Bambino con ai lati i santi Pietro e Giovanni Battista, mentre nel paliotto è il rilievo di Cristo e san Pietro sulle acque del lago Tiberiade. I Del Pezzo furono nobili di origine salernitana titolari di importanti cariche presso la dinastia aragonese.
Nella parte superiore della controfacciata, invece, vi è un ciclo di affreschi decorativo con angeli, opera di inizio Seicento di Battistello Caracciolo. Esso incornicia l’organo a canne, posto al centro della cantoria e racchiuso entro una cassa lignea dorata fastosamente decorata, attribuita a Mario Cartaro e risalente al 1591-1592.
Cripta degli Abati
Si tratta di un piccolo ambiente circolare al quale si accede scendendo dalla zona del coro attraverso una piccola scala a doppia rampa. È un luogo caratterizzato da una serie continua di scolatoi in pietra dove venivano fatti essiccare i corpi dei defunti per essere poi sepolti in una Terra santa collocata in un altro vano ipogeo al centro di questo ambiente. Questo luogo raccoglieva i resti mortali degli abati dell’Ordine che gestiva il monastero.
Le scene rappresentate dagli affreschi alle pareti contengono piante e alberi tra piccole colonne scanalate il cui andamento circolare dilata ed ingentilisce lo spazio. E’ una specie di “promessa di Paradiso” per quei defunti, i cui teschi e le cui ossa sono per lo più collocati in piccoli contenitori di vetro. Qualcuno conserva qualche copricapo e paramento sacro. Dietro di loro, nella parte centrale, si riconosce un affresco con la scena del Calvario.
Secondo alcuni documenti, si troverebbero qui anche le ossa di Bernardo Tanucci uomo politico di spicco e Ministro al servizio di Carlo III e di Ferdinando IV di Borbone. Dopo la demolizione della chiesa di San Giovanni dei Fiorentini, dove pare fosse sepolto, proprio questo ambiente fu scelto per custodirne i resti assieme a quelli di altri personaggi illustri.
Sacrestia Vecchia
Ex refettorio del monastero olivetano che vede la presenza nella volta di affreschi del Vasari con allegorie (1544), suddivisa in tre quadranti dedicati uno alla Fede, uno alla Religione ed un altro all’Eternità. Lungo la fascia inferiore delle pareti vi sono stalli lignei decorati con tarsie realizzate da Fra Giovanni da Verona tra il 1506 e il 1510.
Durante l’esecuzione della composizione, furono eseguiti anche due trittici, uno nella controfacciata e l’altro nella parete di fondo, raffiguranti la Caduta della manna e la Cena in casa di Simone, entrambe opere dello stesso Vasari e oggi conservate al Museo nazionale di Capodimonte uno e al Museo Diocesano di Napoli l’altro.
MONASTERO
Adiacente alla chiesa, alla destra della facciata principale si sviluppa l’ex monastero di Santa Maria di Monteoliveto, realizzato in più fasi tra il Quattrocento e il Settecento, soppresso nel 1799 e riadattato a uso diverso, sia privato che pubblico, tra cui spicca quello di aver ospitato nel 1799-1800 la Giunta di Stato per i processi ai repubblicani e nel 1848 il Parlamento napoletano. Torquato Tasso vi fu ospite in più riprese tra il 1588 e il 1592 e dedicò al monastero un poemetto intitolato Monteoliveto.
I quattro chiostri che componevano il complesso monastico di Monteoliveto fanno oggi parte della caserma dei Carabinieri “Pastrengo”, la cui facciata principale è adiacente alla chiesa, alla sua destra, mentre il solo Chiostro Grande, è in parte visibile da via Monteoliveto e da via Cesare Battisti.
L’estensione originaria del territorio occupato del monastero si può apprezzare dallo stralcio appresso riportato della carta Carafa del 1775 che mostra come lo stesso occupasse di fatto tutta l’insula compresa tra via Toledo, via Senise, piazza Monteoliveto, via Monteoliveto e via Corsea (attuale via Cesare Battisti) con i suoi quattro chiostri e i tre ampi spazi adibiti a giardini.
Di questi ultimi lo spazio trapezoidale che fa angolo tra via Toledo e via Corsea fu adibito a inizio Ottocento, con la soppressione dei monasteri, prima a Orto Botanico annesso all’attigua Facoltà di Agraria, e poi a Mercato dei Commestibili che ai primi del Novecento crollò per un terremoto e poi fu demolito definitivamente nell’ambito della realizzazione del nuovo Rione Carità
Fonti utilizzate:
Napoli Atlante della città storica – Centro Antico di Italo Ferraro Napoli 2002, Guida Sacra della città di Napoli di Gennaro Aspreno Galante Napoli 1872, Touring Club Italiano